Dentro e fuori la pancia: la fotografia come strumento per esplorare l’immaginario materno

Maria Aliprandi, Chiara Gusmani
www.studioartecrescita.com

Introduzione

All’interno di una cornice di lettura psicoanalitica (con riferimento ai contributi di Bion, Ogden, Stern e Winnicott) si è deciso di approfondire il tema delle rappresentazioni materne durante la gravidanza e il primo anno di vita del bambino. Questo è un campo di grande interesse in ambito psicologico, in quanto la donna passa a un’organizzazione psichica nuova, definita da Stern “costellazione materna”. Nell’affrontare temi così profondi si è pensato di utilizzare il mezzo fotografico: gli autori di riferimento rispetto all’uso e alla funzione della fotografia in ambito clinico sono Claudine Vacheret, Judy Weiser e Stefano Ferrari. Attraverso i processi di proiezione e identificazione, attivati dal lavoro con la fotografia, è possibile osservare come pensieri ed emozioni ancora indefiniti diventino rappresentabili e pensabili, in un processo di significazione e maggior consapevolezza di sé. ”Una foto scelta come oggetto mediatore diventa, attraverso l’investimento di cui ne è l’oggetto, un’immagine atta a mobilitare le nostre immagini interne, associate e legate attraverso l’affetto che lo sottende” (C. Vacheret, 2007).

La fotografia, osservata e creata, può fungere quindi da oggetto creativo mediatore, l’oggetto terzo capace di veicolare emozioni, affetti e pensieri non ancora rappresentabili: una sorta di proto-pensieri che, seguendo la teoria di Bion, diventano poi pensabili e rappresentabili, permettendo quel passaggio da “elementi beta” a “elementi alfa” che costituisce la caratteristica del lavoro psicoanalitico.

Il progetto

Il progetto ha previsto un laboratorio espressivo individuale a cadenza trimestrale durante la gravidanza e il primo anno di vita del bambino. Vi hanno partecipato otto mamme, sia alla prima sia alla seconda gravidanza, incontrate nelle loro case.

Ogni incontro è stato suddiviso in quattro fasi:

  1. scelta di una fotografia attraverso il PhotoProjective© (Judy Weiser, 1971): la mamma deve scegliere un’immagine che le evochi un pensiero, un’emozione o un ricordo del periodo che sta vivendo. Le fotografie proposte (circa 50), sono rappresentative dei diversi momenti della gravidanza e primi anni di vita dei bambini, ma possono anche essere immagini di paesaggi o astratte. “Quando una foto ci parla, ci sceglie, è diventata un’immagine, allora ha per noi la capacità di connotare ben altro che una semplice realtà storica, socioculturale.” (C. Vacheret)

    Alcuni esempi di fotografie proposte:
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  2. compilazione della scheda di lettura dell’immagine scelta con domande volte a raccontare una storia a partire dalla foto, ad esplorare il comportamento non verbale e le emozioni dei protagonisti. La scheda di lettura aiuta pertanto ad entrare in contatto con le emozioni suscitate dalla foto scelta e favorisce il processo di pensiero e di espressione. Le domande facilitano inoltre la riflessione e il riconoscimento del perchè una determinata immagine è stata scelta in quel particolare momento. Abbiamo osservato che le fotografie hanno permesso la proiezione di contenuti e desideri con grande flessibilità. Per esempio una mamma al sesto mese di gravidanza sceglie una foto di un uomo muscoloso che abbraccia un neonato: ha potuto così esprimere il suo desiderio di protezione per sé e per la sua bambina, in un momento in cui il marito stava affrontando un periodo difficile. Un’altra mamma sceglie la foto di V. Sorochinski, mettendo così in parola il bisogno di ricucire il legame col suo bambino dopo essere stati separati per un intervento chirurgico al neonato, ma anche il bisogno di elaborare la sofferenza di un cesareo d’urgenza. Rispetto alle immagini proposte, una mamma ci ha detto: “Mi emoziona vedere immagini sconosciute che in qualche modo rappresentano una mia emozione o pensiero”.

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    L’ultima domanda della scheda introduce la fase successiva: si chiede alla mamma se e come modificherebbe l’immagine per renderla più vicina alla sua esperienza.

  3. rimessa in scena dell’immagine scelta attraverso il Re-enactment© (Jo Spence, 1970): stimola il processo di rappresentazione, consente di fare e creare, adattando a sé e al proprio vissuto il tema attribuito all’immagine.

    Un esempio di re-enactment:
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  4. scheda di feedback sull’incontro

L’obiettivo di questo studio è quello di osservare come le rappresentazioni materne variano durante la gravidanza e il primo anno di vita del bambino. Le osservazioni si pongono ad un primo livello di intervento, quello definito della “prevenzione primaria”, in cui l’attenzione è data alla possibilità di mettere in parola le emozioni e le preoccupazioni che accompagnano la crescita del bambino, in un percorso volto ad accompagnare le mamme nel ri-sognare l’esperienza e tradurla in un’immagine fotografica.

Risultati e considerazioni conclusive

La partecipazione delle madri a questo studio è stata entusiastica e attiva, ad eccezione dell’incontro del nono mese di gravidanza e di quello in concomitanza col rientro al lavoro, che molte mamme hanno saltato. Si è ipotizzato che questi siano momenti in cui la fatica delle mamme ostacola la possibilità di trovare uno spazio e un tempo per soffermarsi a pensare. La fotografia sembra essere un efficace veicolo creativo che consente l’elaborazione, la trasformazione e l’espressione di pensieri ed affetti profondi in questo particolare momento di cambiamento e ricerca di un nuovo equilibrio. Dalle schede di lettura e di feedback e dalle fotografie prodotte compaiono pensieri profondi che rimandano ai vissuti interiori delle mamme. Le tematiche sono diverse e legate alla storia di ogni mamma: durante la gravidanza emergono vissuti di ambivalenza, sentimenti fusionali, preoccupazioni rispetto alle proprie capacità, timori sulla salute del bambino che nascerà, intensi sentimenti di pienezza e di benessere, desideri e aspettative positive, riorganizzazione degli equilibri familiari quando è già presente un altro figlio, dubbi circa il saper comprendere i bisogni del neonato; dopo la nascita del bambino i temi prevalenti riguardano la scoperta e la conoscenza reciproca, la ricerca della sintonizzazione con le sue gioie e le sue fatiche, precoci tematiche di triangolazione e soprattutto la difficoltà del rientro al lavoro.

Dall’investimento affettivo ed emotivo delle partecipanti sono emerse diverse funzioni che la fotografia ha assunto in questo progetto: la fotografia come ponte tra mondo interno e mondo esterno (Winnicott, 1979), come sogno ad occhi aperti fatto sulla propria esperienza (Ogden, 1999), come nuovo oggetto creato che rappresenta in piccolo un’altra nascita.

A tale proposito citiamo alcune frasi delle mamme tratte dalle schede di feedback:

“…immaginerete quante foto gli facciamo quotidianamente ma non è facile averne una così rappresentativa di un particolare periodo”

“…grazie per aiutarmi a scoprire e ad esprimere quello che da sola probabilmente non sarei riuscita a tirar fuori. Pensieri che, da sola, avrei tenuto dentro di me. È un modo per me di scoprirmi”

Ciò che accomuna i differenti percorsi sembra essere la possibilità di pensare e rappresentare tematiche inconsapevoli e indefinite, che assumono forma e contenuto, e si oggettivano attraverso il potente mezzo dell’immagine: grazie all’esperienza di identificazione e proiezione vengono favorite crescita personale e consapevolezza dei propri vissuti. Si ringraziano le mamme che hanno accettato di partecipare al progetto e che hanno acconsentito all’utilizzo delle foto per illustrare i percorsi.

Bibliografia:

Bion WR (1972), Apprendere dall’esperienza, Armando, Roma.
Ferrari S (2006), Lo specchio dell’io. Autoritratto e psicologia, Laterza, Bari.
Ferro A (1992), La tecnica nella psicoanalisi infantile, Cortina Editore, Milano.
Ferro A (2009), Transformations in dreaming and characters in the psychoanlytic field, International Journal of Psychoanalysis, 90, 2009-2030.
Ogden TH (1999), Rêverie e interpretazione, Astrolabio, Roma.
Riva Crugnola C (a cura di) (1999), La comunicazione affettiva tra il bambino e i suoi partner, Cortina, Milano.
Spence J (1986), Putting Myself in the Picture: a Political, Personal and Photographic Autobiography, Camden Press.
Stern DS (1989), Il mondo interpersonale del bambino, Boringhieri, Torino.
Stern DS (1998), L’interazione madre-bambino nello sviluppo e nella clinica, Cortina, Roma.
Vacheret C (2007/2008), Foto, gruppo e cura psichica. Il fotolinguaggio come metodo psicodinamico di mediazione nei gruppi, Liguori, Napoli.
Weiser J (1999), Photherapy Techniques, PhotoTherapy Centre, Vancouver.
Winnicott DW (1975), Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli, Firenze.
Winnicott DW (1979), Gioco e realtà, Armando, Roma.